Giudizio di Appello e Camere di Consiglio da remoto: la lettera dell’Unione al Ministro della Giustizia

Ill. Signor Ministro della Giustizia

On.le Alfonso Bonafede

Signor Ministro,

dopo l’ultima, recente nostra interlocuzione sulle norme del decreto- legge “Ristori 2”, ritengo utile ribadire le pressanti ragioni delle modifiche da noi proposte in quella occasione.

Mi riferisco in particolare alle norme che, seppure nella sola eccezionale contingenza pandemica, consentono ai giudici dei Collegi di Corte di Appello di celebrare le Camere di Consiglio da remoto quando il difensore scelga di non chiedere la trattazione del processo in aula.

Come abbiamo da subito denunziato, consentire una simile assurdità equivale a sancire di fatto la natura puramente apparente del giudizio collegiale, per la ovvia ragione che la lontananza dalla Cancelleria della sezione farà sì che solo il relatore avrà la disponibilità degli atti (e nei casi di più impegnativa dimensione, nemmeno lui!).

Non sappiamo chi sia stato il suggeritore di questa -lo ripeto- autentica assurdità; ma vorremmo si riflettesse almeno, se si vuole rimanere indifferenti alle questioni di principio e di sistema, sulle concrete conseguenze che il mantenimento di questa norma avrà perfino rispetto alle finalità emergenziali del Ristori 2.

Posto infatti che un difensore appena coscienzioso e rispettoso degli interessi del proprio assistito non potrà mai consentire che un simile scempio si compia, il risultato che si otterrà è che la gran parte di noi si vedrà costretta a chiedere la trattazione orale anche quando avrebbe potuto valutare di farne a meno. Un classico caso di eterogenesi dei fini: si vuole ottenere la riduzione delle presenze fisiche nelle aule, raggiungendosi il risultato esattamente contrario.

Da ultimo, mi pregio di allegarle il testo di un recente protocollo sottoscritto a Roma tra la locale Camera Penale a la Presidenza della Corte di Appello, nel quale si sancisce che mai, in ogni caso, le Camere di Consiglio saranno celebrate da remoto. Parliamo della più grande Corte di Appello d’Italia, e sono certo che presto seguiranno altre iniziative analoghe. A conferma che certe forzature ideologiche, volte a seminare -con il pretesto della pandemia- velenosi anticorpi negli attuali assetti costituzionali del processo penale, sono estranee alla cultura della giurisdizione di larga parte della magistratura italiana.

Mi lasci esprimere l’auspicio che quanto prima il governo voglia emendare questa insensata e pericolosa norma, condividendo la esigenza che, anche in tempi di emergenza sanitaria, sia possibile raggiungere l’obiettivo comune di una forte riduzione delle presenze fisiche nelle aule, senza mettere in discussione gli intangibili principi della collegialità e della segretezza del giudizio in camera di consiglio.

Con viva cordialità.

Roma, 30 novembre 2020

Il Presidente

Avv. Gian Domenico Caiazza